Onore ad A.Opnia

PROLOGO


Questa mattina mi sono svegliato presto.

Ho aperto gli occhi e subito il mal di testa mi ha ricordato la bottiglia di grappa nostrana che mi ha tenuto compagnia la sera prima. Mi sono girato nel letto, la donna che dormiva in parte a me doveva essere la stessa con cui ho dormito anche la scorsa notte, buon segno: cominciavo a mettere ordine nella mia vita. Guardandola mentre dormiva mi dava un senso di pace e tranquillità, ma non riusciva a farmi passare la nausea.

Ho deciso di alzarmi.

Mi sono infilato una camicia pulita, (era anche stirata, questa donna merita fiducia, se solo ricordassi il suo nome) e sono uscito sul balcone.

L'aria del mattino mi fa sentire meglio, e attenuo la nausea con un una birra.

Vivo in collina e dal mio balcone vedo Buffalora che con i suoi tetti d'argento sorride all'alba.

Ritorno con la mente al passato, rivivo in un istante gli ultimi mesi, un brivido mi percorre la schiena, le emorroidi tornano a darmi noia; me le gratto.

Non avrei mai pensato prima di allora che una comunità così tranquilla potesse nascondere un tale inquietante segreto.

Vi racconterò la mia storia e che voi ci crediate o no è tutta vera.


I fratelli Abbo

Un freddo inverno stava per finire e un tiepido sole preannunciava l'arrivo di una tarda primavera.

Giunsi di fronte all'Acli un sabato mattina come altri, sulla soglia Bruno Scaroni fumava una sigaretta, ci scambiammo un rapido saluto, quindi spinsi la porta ed entrai nel locale.

Nell'aria c'era odore di crauti, ordinai un Braulio doppio con acqua (poca) e volsi subito uno sguardo al tavolo dove abitualmente viene abbandonata la gazzetta. Con mio sommo stupore non trovai il mio quotidiano preferito ma una coppia di vecchi amici che discuteva animatamente.

Fabri e Mauro erano fratelli. Nati e cresciuti a Buffalora, erano molto conosciuti soprattutto per il fatto di essere molto ricchi, si vociferava infatti che i due avessero ereditato un'enorme somma da un lontano parente gay venezuelano (o esquimese?). La loro abilità imprenditoriale aveva moltiplicato la loro fortuna ed ora erano proprietari di alcuni terreni verso Rezzato dai quali recentemente avevano cominciato ad estrarre petrolio.

-salve ragazzi! Come mai all'acli a buon'ora? .

I due interruppero la discussione e con un malcelato imbarazzo risposero con frasi di circostanza. Era evidente che avrebbero voluto essere da un'altra parte.

Prime voci di una enigma

- Cosa bevi?- disse Fabri.

-ho già ordinato un amaro, ne prendo un'altro grazie.

-alle otto di mattina?- Fabri mi guardava in modo strano.

-le otto ,le nove, che differenza fa? E poi con l'acqua…..-.

Mauro fu il primo a rompere gli indugi:

-Hai sentito del cane di Emi?

- mai saputo che Emi avesse un cane.

- era della sua ex, ma continuava ad ululare alle ambulanze.

- molti cani lo fanno.

- cazzo ma lei abita vicino a Marco Fedroni, sai che casino, non smetteva un'attimo così l'ha affidato a Emi.

-cosa gli è successo?.

-l'ha trovato morto.

-la sua ex lo incula. Comunque capita.

- è vero, ma non capita spesso di non trovarne la testa.

- che testa?

- la testa del cane.

- l'hanno decapitato?

- così pare.

- e chi è stato?

- vorrai dire "cosa".

-cosa chi?

- "cosa" è stato…..

Mentre parlava Mauro fumava nervosamente il suo sigaro.

Sorseggiai il mio braulio e ripresi:

-ho incontrato qui fuori l'ex sindaco, sa niente lui?

Toccò a Fabri:

- cosa vuoi che sappia! La carica di sindaco gli è stata data in virtù dei suoi meriti durante la guerra di secessione ma….

Scosse la testa, poi riprese:

- la politica dico…è un'altra cosa.

Guardai l'orologio:

- scusate s'è fatto tardi, pagate voi per favore….ho dimenticato il portafoglio.

Fabri continuava a guardarmi in modo strano, disse:

- quando è stata l'ultima volta che ti sei fatto una doccia?

- non ricordo, perché?

- puzzi di crauti.

Pensai che era giunto il momento di togliere le piantine di maryuana dalla doccia.

Mi girai in fretta e uscii in strada, Bruno era scomparso, al suo posto un mozzicone di sigaretta fumante.


Avevo perso di nuovo il lavoro e mentre aspettavo mi venisse voglia di trovarne un altro passeggiavo per il parco delle Bettole recentemente ribattezzato "parco alpini in terra di buffa".

Erano passati alcuni giorni dall'incontro coi due fratelli Abbo e l'argomento della nostra chiacchierata l'avevo rimosso con la sbronza della sera stessa.

Camminando notai, seduto su una panchina, una sagoma familiare: si teneva la testa tra le mani e al suo fianco penzolava un guinzaglio.

-Panni!

gli urlai.

Panni si era distinto durante la guerra di secessione: le Bettole erano ancora sotto il dominio di Brescia e le milizie di Corsini avevano occupato il cavalcavia dell'autostrada, punto strategico di vitale importanza.

Panni si mise a capo di un manipolo di mercenari e in una notte senza luna aprì un varco tra le file nemiche, occupò il cavalcavia e spianò la strada alla successiva annessione delle Bettole a Buffalora.

Purtroppo però durante i combattimenti venne ferito, un proiettile gli staccò di netto un testicolo che venne ingoiato da un cane randagio.

Panni adottò il cane, lo chiamò coglione e si prese cura di lui, lo riteneva l'estensione della propria virilità.

-come mai da queste parti? Che brutta cera che hai. Gli dissi.

-lasciami solo.

-che ti prende?

- si tratta di coglione.

- che gli è successo?

- lascia perdere.

- e dai dimmelo, devo far venire ora di pranzo.

- vaffanculo ubriacone del cazzo!

"da che pulpito" pensai.

Si alzò e si incamminò verso l'uscita col guinzaglio di coglione che gli usciva dalla tasca.

Io orinai vicino alla panchina, mi frugai in tasca, vi trovai due euro; potevo scegliere tra un panino e un grappino, optai per la seconda ipotesi.

Fu al bar delle Filippini che scoprii che coglione aveva fatto la stessa fine del cane di Emi e che al taetto erano cominciati i primi motti separatisti per l'indipendenza da via santi.

A. Opnia

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